3 nov 2007

Quel gran genio del mio amico....



Diciamo che si occupa di economia del Mezzogiorno....di cui spesso ha scritto, ma non come tanti altri sociologi ed economisti "del SUD", che spesso son stati vere e proprie "canne al vento" del potere "straordinario" (e, poi, "disciamo"... la canna al vento non è offensiva "qual piuma al vento"...e ci mancherebbe!).
Ha covato, come tutti noi, sane speranze sullo sviluppo endogeno del Sud, ne ha celebrato (troppo a mio avviso) la grande svolta, per poi ripiegare su normali toni sempre più pessimistici, in linea coi tempi...
A mio modo di vedere, perseverare in un errore di analisi o di interpretazione (soprattutto se si è economisti), è ben peggio che prendere un primo abbaglio e non negarlo mai più. Il Mezzogiorno dei distretti o da abolire (... tanto ce la faceva quasi da solo...), del mio amico Gianfranco Viesti, ha bisogno ANCORA (ma guarda un po'!) di un piano industriale. Lo afferma Luca di Montezemolo, alla reggia di Caserta, ed il Sud delle grandi svolte mai compiute torna subito di moda. RESTA DA CAPIRE SU QUALI SOLIDE PALAFITTE SIANO FONDATE LE NUOVE ANALISI DI GIANFRANCO (mi riferisco all'ultima Ricerca edita da Donzelli). Mi spiego meglio: il volume, che cancella di colpo tutti i presunti punti di forza dell'auto-propulsività del Sud (salvo il turismo) nei settori tradizionali, continua a raccontarci un'opzione dell'alta tecnologia come "PROMESSA DI SVILUPPO" a partire dalla Microlettronica di Catania, della sarda TISCALI e dei primi vagiti avio-aeronautici tra Napoli e Grottaglie....

Credo che non sia davvero il caso di illudersi su una REINDUSTRIALIZZAZIONE TECNOLOGICA del Sud, basata sulla concentrazione "DISTRETTUALE" di alcuni fattori di scala e di scopo (come a Catania); credo, piuttosto, che valga la pena di non isolare, ed anzi di mettere in rete, le eccellenze sparse: non è più l'ora dei Centri o dei Parchi, ma delle reti locali e RICONFIGURABILI di saperi il più possibile affrancati dalla morta gora universitaria italiana. Anzi saranno le nuove attività industriali NEL Sud a rianimare le Università! Bisognerà attrarre capitali cinesi, indiani e USA su nuove frontiere ben definite, offrire capitale umano qualificato ( e ne avremmo, se tutti facessero il loro mestiere), difendere la qualità "world class" della nostra identità euromediterranea, sviluppare l'intelligenza logistica di tutto il Sud (che predico da fin troppo tempo...). BENE, PER FARE TUTTO QUESTO CONVERREBBE DISARMARE IL CONCETTO DI DISTRETTO (MEGLIO IL LOMBARDO META-DISTRETTO, ALLORA!), SBARACCARE LE AGENZIE POCO UTILI PER LO SVILUPPO (CE NE SONO TROPPE, O NO?) E PORTARE UN PO' DI SERIETA' NELLE UNIVERSITA' PUGLIESI....A PARTIRE DA QUELLA SELETTIVITA' DI MERITO - QUI GIANFRANCO HA RAGIONE - CHE SEMBRA ESSERE STATA SOPPIANTATA DA BEN ALTRA GRAMIGNA....
Le analisi sul che fare nella Ricerca e nell'Innovazione al Sud continuano ad essere desolatamente deboli (e straordinariamente ripetive). Non mi sembra che da quando Aldo Romano cominciò ad occuparsene negli anni '80 si sia affinata una diversa capacità critica di analisi. E' arrivato o no il momento di fare come gli indiani veri?

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