28 gen 2007

Il Gamberale redento, dal privato al pubblico: quale capitalismo vogliamo?

Gamberale mi serve soltanto a titolare questo appunto del mio diario "economico", che nasce dalla bella botta di ieri di Giavazzi e dalla tormentata risposta critica di Scalfari su Repubblica di oggi " Il premier ha la testa più dura di Zidane". Spero anch'io che Giavazzi abbia torto, perchè - almeno su di un punto - perfino lui non può davvero credere che la distanza dell'Italia dal libero mercato sia colmabile per decreto o per mero spontaneismo: le reti pubbliche separate dalla gestione dei relativi servizi non potranno mai nascere come Minerva dalla testa di Giove (senza regole e/o dolori). L'esempio di una rete TLC scorporata e neutrale è perfino più probante di quella Snam o delle Ferrovie: ONE network (ex Telecom Italia) dovrebbe nascere, se non ci fosse Gamberale, da una serie di fondi privati e globali come il "Carlyle", ma a quel punto davvero ci vorrebbe Lenin all'Antitrust o all'AGCOM Italiana... Se invece c'è la Cassa Depositi e Prestiti (e l'ipotesi "cinese" di Rovati mi sembra ancora buona!) il commissario del popolo sarebbe il "solo" Gamberale, che di TLC e di rendite monopolistiche ci capisce più di tanti altri e ...voilà...il sistema pubblico (nostalgico della disciolta IRI) ricompatta il controllo delle RETI!

Post Scriptum: davvero non ci capisco molto di più! La questione di quale capitalismo vogliamo non è di poco conto. Mi aspetto indignate smentite prodiane del tipo "NOI L'IRI L'ABBIAMO SCIOLTA...", ma Giavazzi ci azzecca a pensar male. Purtroppo, ripeto, anch'io come il Grande Vecchio non credo affatto al capitalismo AMERICANO o GLOBALE che viene a investire in Reti TLC e di Gas senza regole statali chiare, e allora...da dove bisogna partire?

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