Fine di Sviluppo Italia ..? Luci ed ombre per il Sud, una proposta.


Non sono un esperto di queste cose, ma immagino che non sia affatto semplice disboscare il groviglio delle partecipazioni azionarie assunte, la mole degli investimenti in corso e l'enorme numero di vari interventi pluriennali (deliberati dal CIPE) già in attuazione,.. più spesso nel male che nel bene, ma comunque connessi a fondi impegnati, in gran parte al Sud. Non vorrei che la nuova cura fosse ancora peggio di quanto il "liberista" Tremonti ha prodotto in questi anni: ciò che è poi la giustissima causa di quanto Romano Prodi ha detto in campagna elettorale..
Stato non proprietario vuol dire anche chiudere una serie di enti e società pubbliche nate con l’obiettivo di promuovere investimenti nel Paese, per trasformarsi successivamente in anacronistiche holding di partecipazioni, come Sviluppo Italia.
L'obiettivo, neanche troppo nascosto di Colbert-Tremonti, era quello di farne una nuova IRI, e certo non solo per il Sud, anzi per ...quasi tutto: turismo, nautica, aree di crisi, piccola e microimpresa, TLC e Autostrade del mare...!
Infatti INFRATEL SpA o la RETE AUTOSTRADE MEDITERRANEE (RAM SpA), tanto per parlare di cose/agenzie/strutture di cui spesso mi occupo, sono state create come sub-agenzie della grande Holding: destinate a svogere ruoli di regia pubblica centrale su versanti strategici dello sviluppo.
La mia modesta proposta è che, al di là delle qualità tecniche e manageriali che vi si sono applicate con alterne fortune (...e parlo di strutture neo-nate di Sviluppo Italia!), si possa salvare quella necessaria logica di concertazione programmatica di livello nazionale, attribuita ( finora solo in parte) a queste due Società di regia "nazionale", per chiarirne meglio missioni e programmi, connettendole senza inutili burocrazie alle Regioni (altrimenti la Conferenza Stato-Regioni a che servirebbe?) e alle autonomie locali coinvolte. Bisogna infatti affrontare, oggi, con rinnovato vigore i due obiettivi RILEVANTI che esse sottendevano: diffondere l'innovazione digitale su Larga Banda e creare le reti logistiche multimodali (con priorità al Sud). Sono due finalità importanti per recuperare competitività e internazionalizzare il Paese; le Regioni, i Comuni e gli altri Enti hanno però bisogno di staff centrali di buona competenza e di maggiore coordinamento su queste materie.
Quel poco che si è fatto (al di là, ripeto, delle persone che vi si sono impegnate) non va disperso. Ciò riguarda il software, il modello di funzionamento, ma non certo il patrimonio o il capitale investito. La questione delle partecipazioni pubbliche, per es. della Infratel, è infatti tutt'altra materia: un nodo difficile da sciogliere, perchè si tratta della proprietà di infrastrutture che hon hanno ancora visto la luce! Difficile cambiarne la proprietà con i lavori in corso. Si tagli, allora, il nodo gordiano in modo semplice, trasferendo il capitale (investito e ancora da investire) - in reti di TLC a Larga Banda - alle Regioni e ai Comuni coinvolti.
Per quanto riguarda la RAM non c'è altro che l'aspirazione a modelli software e qualche studio di pianificazione, quindi molto poco oltre le lodevoli ambizioni di avvio. Tenendo conto che in questo campo sono prevalenti le competenze dei singoli Porti o Nodi Logistici e i concreti interessi delle comunità imprenditoriali del settore, nessun dirigismo vecchio (o nuovo) può minacciare la determinazione delle strategie di sviluppo delle Autostrade del Mare; per fortuna non ci sono patrimoni autonomi di Sviluppo Italia da trasferire, quindi tutto sarà molto più semplice.
Diciamo la verità: il progetto non è mai partito. Ciononostante una regia attiva di quanto di buono (e di ottimo, a volte), sia pure a spizzichi e bocconi, sta avvenendo nei porti mediterranei, serve sempre, se non altro per evitare inutili ridondanze, interferenze funzionali, sprechi di risorse....
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